domenica 12 novembre 2017

Appello per la Libreria Gutenberg

“Il potere ha avuto bisogno di un tipo diverso di suddito, che fosse prima di tutto un consumatore” (“Scritti corsari”, P.P. Pasolini)

Monta sempre più la marea dell’omologo a sradicare radici, a spianare le rappresentazioni di ogni alterità, che si nutre di endemica differenza, a svilire, con metodica costanza, ogni spazio di libertà per l’affermazione unidirezionale di sé, di un pensiero unico, che si manifesta in una reiterata ed inarrestabile reductio ad unum.
In questo spazio di non-luoghi insorgenti, simbolo di una mercificata acculturazione e di una massificazione pseudoculturale trionfante, salvaguardare i simboli di una diversità quotidianamente annunciantesi di presenza è un dovere non solo individuale, ma un bisogno collettivo, un’esigenza irrinunciabile per la difesa di quel valore pericolosamente disturbante e liberatorio, che si chiama SAPERE.
Svuotare di senso e di dirompente vitalità il sapere e la cultura, appianare ogni capacità di analitica e critica comprensione, eliminare a forza ogni necessaria assunzione di reale responsabilità verso sé stessi e verso la collettività presente e a venire è il fine recondito di un progetto di lungo corso, che ci sta consegnando alle catene in vendita del non senso, a quei non-luoghi, simbolo, ormai universale, di riproposizione luccicante di un abominevole bisogno di controllo di menti e corpi: biopolitica che si fa biocultura dissennata.
Entrare nelle librerie da catena, spersonalizzante trionfo di guittezza a colori, è come entrare in una batteria di polli da allevamento, ove tutti sembrano liberi di essere null’altro che consumatori seriali dei desiderata materiali ed infinitamente accattivanti di un mercato che si nutre soltanto di pubblicizzata autoreferenzialità: il libro-merce, nuda offerta al consumo spudorato ed innaturale di sé.
Nel deserto sapienziale che avanza di dominio, le librerie indipendenti, tenute vive da passione e sapere veri e sinceri da librai che ancora ci parlano, indicandoci un’ultima uscita fuori mercato da copertina, che i parvenu del mercato da pubblicità martellante scientemente ignorano, oppure l’angolo ultimo di misteriosi testi che implorano attenzione, sono sempre più impossibilitate a permanere in vita, inghiottite e rigurgitate da un mercato che richiede merci anziché libri, che impone non-luoghi disintegranti di pensiero piuttosto che oasi rigeneranti di libertà, vetrine illuminate di idiozia al posto di spazi illuminanti di analisi critica del reale per incontro non virtuale: il dominio di un razionalismo degenerato si sta oltremodo manifestando, a chi lo vuol vedere, dietro il luccichio di colori e paillettes da incubo.
Aiutare a rimanere in vita la Libreria Gutenberg non è un semplice atto di solidarietà per Giovanni, non è soltanto un sostentamento, pur naturale, per un amico, ma solo un puro atto di “egoismo intellettuale”, un autentico simbolo di un puro e sacrosanto “egoismo”.
E se “laddove cresce il pericolo, cresce anche ciò che salva”( Friedrich Hölderlin), allora la
salvezza-salvaguardante di noi, amici del libro-mondo, è lì, a portata di mano, in Via
Ferdinando d’Amico al numero 45.

domenica 16 luglio 2017

E 15!!!!

     1,2,3…13,14,15 anni, cento passi dall’origine, dove maturavi competenza al servizio d’altri, per imbarcarti, poi, per costrizione da altrui malafede, in un’avventura titanica, considerati gli spazi offerti e le vite indefinite d’un luogo, paradiso solo in potenza, in atto, altro da sé, dalle sue radici, dalla sua storia millenaria, ad ogni passo tradita, vilipesa, offesa.
     Posizione strategica lungo l’asse principale di un andare, che dal declivio di colline, per confine di torrente, che sa nutrirsi di impetuosa distruzione per artificio indotta, si snoda lineare, solo nel tragitto, fino a quel Seme, simbolo di rinascita mai rinata, che svetta ad invocare, disarmante eco di riflusso, radici lontane, ormai appassite, fradice e, pur sempre, rinnovate di speranza e…in medias res, la “Libreria Gutenberg”, nella sua discostata centralità, visibile solo a chi la vuol vedere, accostandosi, per multiformi interessi o solo per curiosità da riparo, ritrosa a sguardi superficiali da passeggio o da affari malati.
     Sta lì, sospesa tra luoghi maledetti, scrigno di profitti recidivi, e la sosta, riffa quotidiana, di un terno per la deposizione momentanea di mezzi da trasporto, vettori di non si sa mai cosa, col suo occhio di vetro spalancato su un passaggio-passeggio ritmato nei suoi tempi monotoni, riprodotti in serie, all’infinito, dalle stesse facce, dalle stesse discussioni, dalle stesse ombre, sempre più ombre di se stesse, nel reiterato sfiancarsi di un non-senso in alterna sospensione.
     Eccola qui, lungo l’asse mediano di un Liberty in decadenza, metafora, per nulla velata, di una decadenza di Libertà reietta, in una parvenza di normalità da provincia eterna, a donarsi, stanza dello scirocco d’esistenza, refrigerio all’abisso annebbiante, che ci coglie nell’essere “sciroccati” perenni, per vite che non si vorrebbero marginali, pur sempre avvolte, avvinghiate, stravolte, strascicate dal morbo infetto di una calura malsanamente appiccicaticcia, ad offrirti, in un caos emotivo e di pensiero, un riparo, un caloroso abbraccio in faccia al mondo che va, di corsa, incontro al suo destino.
     Un velo vitreo a separare un marciapiede marciante di gomme da un altro mondo, segnato all’entrata da un metallico suono di spiritualità d’Oriente, ad annunciarti momentanea rinascita, mentre, con animo predisposto, fra una spirale di avvolgenti parole colorate, ci si sente richiamati all’ascolto, reclamando presenza, visione, vita di lettere e sillabe a chiederti comprensione, ad implorare contatto di pelle e visivo, al limite finanche olfattivo, versus inodori caratteri omologhi da macchina, per essere strappate dal gorgo del non-senso in vitalità di senso rinnovato; un velo vitreo a proteggere ogni avventore, che, in ritrovato spazio di libertà, può assaporare l’ormai sempre più negato brivido dello scegliere, la vertigine del decidere in soggettiva, guidato da un sentire in proprio, pensante, negando ad alcuni testi visibilità, ad altri accordando partecipata attenzione o, tutt’al più, superficiale, ma apprezzato sfrigolio di pagine in successione visiva-olfattiva o parziale accordanza di sfuggente comprensione.
     E dentro, di sorniona presenza, navigato ulivo saraceno, ad accoglierti, in stati d’animo alterni, per vita andante anche oltre il velo vitreo di separazione, richiamato da un pressante chiedere in scadenza, che va ben oltre lo spazio di salvaguardia includente, ove ha piantato radici, che imposizioni di profitto imborghesito vorrebbero spianare, spiantare, ma “resiste”, annaffiato, irrorato per sprazzi di vitalità, da eventi di tempo destinati alla protezione, blandito da sguardi lievi ed accudenti, donati, in parsimonia, a chi diventa eccezione, riserva, amorevole partecipazione di destini, sospensione accordante-discordante di scambievole posizioni per punti di vista in movimento alterno, laddove, al fruscio di fronde animate da un venticello di pensiero in libertà, se lo si ascolta, si possono percepire folgoranti sprazzi malinconici di sapienza di tempi andati, di gioventù vissuta dentro la speranza di un mondo altro, ove la cultura si innestava, nutriente, di vitalità pratica ed intellettiva, non sempre concreta, ma possibile, come speranza, oggi disperata, ad accoglierti, tra sapienza di fiori e cibi, di piante e letteratura, di schegge illuminanti di malinconica dolcezza e di annoiata sapienza.
     In tempi di Modernità squilibrata, nel gorgo infetto di un sommovimento virtuale costante, ad ingabbiare menti e corpi diversamente innaturali, in tempi vacui di pensiero ed omologhi di guittezza, la “Libreria Gutenberg” si dona ancora, oasi di libertà, radura sottratta all’inquinamento del reiterato, con un tempo sospeso, ove ciascuno, nello spazio di istanti rinnovati di piacere, può essere felice a modo suo.